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"A New Adventure of Captain Future" CAPITOLO X: COMET vs COMET


Il primo colpo di cannone andò a vuoto, disperdendosi nell'oscurità.

Ai radar della Comet in approccio verso il punto segnalato da Captain Future parve un fascio di energia inconsueto: Grag, in seguito all’analisi dei dati, disse:

“Trattasi di pseudo energia”.

“Sei sicuro Grag?” chiese il Cervello.

“Sì, al 100% e ho ripetuto il procedimento di controllo per ben tre volte”.

Otho si intromise nella conversazione: “ehi cervelloni, che cosa intendete con pseudo energia?”

“Sei il solito crapulone, Otho...”

“Attento a come parli, ammasso di latta!”

“Significa”, il Cervello ignorò la lite e andò dritto al senso della domanda, “che l'energia intercorsa poco fa ha una struttura molecolare di provenienza non accertabile. In poche parole: l'entità che ci ha attaccato non è di questa dimensione”.

“Gli scanner rilevano una stazione spaziale in orbita giovestazionaria!” esclamò Grag.

“Tieniti a distanza di sicurezza e prepara i laser. Dobbiamo far fuoco prima di subire un’offensiva dai loro sistemi di difesa” ordinò perentorio il Cervello a Otho in plancia di comando.

La Base Macchia Rossa usava la scala cromatica del gigante gassoso come mimetizzazione, ma i sofisticatissimi apparecchi del Comet erano in grado di fornire olografie di oggetti in movimento nel raggio di un intero quadrante cosmico. Grag scandagliò con gli scanner e localizzò con maggiore precisione gli hangar e i moduli abitativi della base nascosta.

“Eccola!” Joan, al colmo dell'eccitazione, puntò un dito sullo schermo dove era apparso un punto lampeggiante, “lì è dove certamente si trova Curt!”

Un micidiale fascio di pseudo energia sfiorò la carenatura dell'alettone posteriore.

“I colpi non sembrano partire dalla base. Un nemico mobile ha iniziato le ostilità senza alcun preavviso” constatò il Cervello.

“Bene, allora restituite la pariglia con l'artiglieria pesante non appena il bersaglio si trova a tiro...” disse Ezra a braccia conserte su uno strapuntino in sala di comando.

“Agli ordini!” Otho fece il sull'attenti e corse a prendere posto nell'abitacolo del blast cannon nucleare. Premette un pulsante da cui fuoriuscì un viewfinder di precisione e posizionò gli occhi in corrispondenza.

“Vedi nulla Otho?” chiese il Cervello.

“...sta emergendo qualcosa...si staglia contro l'orizzonte dell’equatore di Giove...è coperto da una luce abbagliante…”

“Di che si tratta?”

“È un’astronave lunga, con un corridoio sottile e due sfere alle estremità. Sembra muoversi grazie ad un impianto antigravitazionale posto al di sotto del corpo principale. Ma c'è qualcosa di innaturale, qualcosa che non so spiegare che lo rende ‘diverso’ da qualsiasi cosa io abbia visto nella mia esperienza di veterano.”

“Vecchia spugna andato a male: sii più preciso!”

“Grag, non è il momento di scherzare” fece Joan, con i nervi tesi “che cosa intendi con ‘diverso’ Otho?”

“Attenzione! Virate a babordo, sta attaccando!”

Il Comet fece una rapida virata ma la lunga coda incandescente del proiettile nemico colpì la corazza del corpo laddove risiedeva la scatola radar.

“Stupido androide!” sbottò Grag, “potevi dircelo prima che stavano per colpirci?”

“Appena finisce questa storia vengo lì e ti stritolo con le mie mani, ammasso di bulloni...”

“Piantatela voi due!” Ezra perse la pazienza,“non è il momento di litigare. Quali sono i danni Grag?”

“Il barocentrifugatore del rilevatore di posizione è in corto.”

“Questo non ci voleva. Significa che non siamo in grado di procedere in automatico con le coordinate invitate da Curt?”

“Esatto. Dovremmo pilotare a vista.”

“Inserisci il periscopio. Darò io le direttive di guida” ordinò il Cervello e sollevandosi fino al soffitto della cabina di pilotaggio inserì i tenso-sensori negli appositi inserti di attivazione.

“Anche io vedo l'astronave adesso” il Cervello cercò di dare una descrizione più compiuta di quanto fosse riuscito a fare l'animoso Otho.

“Si tratta di un modello extra Sistema, non presente in alcuno dei database conosciuti. Ha una fusoliera sin troppo piccola, completamente inadatta al volo, senza alcun principio disciplinato dalla fisica. Questo veicolo è senza alcun dubbio proveniente da un piano dimensionale dove le norme aerodinamiche hanno altre regole. Se di ‘regole’ potessimo parlare...Ma mi sono convinto che sia un’eccezione anche per il mondo da cui proviene. Quel che è certo è che il materiale di cui è costituito non ha alcun paradigma molecolare tangibile.”

Pseudo energia, eh?” borbottò Otho mentre scrutava il nemico in lento avvicinamento.

“Sì, pseudo energia. Questa astronave non dovrebbe esistere.”

“Cervello, se vuoi spaventarci ci stai riuscendo… ” disse Otho e il piccolo Oog si intrufolò tra le sue gambe mimetizzandosi con gli stivali del padrone.

“Ma quest’affare può subire danni?” chiese Ezra.

“Beh, proviamo!” Otho premette il grilletto e un'enorme bolo di energia nucleare fuoriuscì dal blast cannon. Alla velocità dell'oltre-suono raggiunse il bersaglio e lo colpì di taglio, provocando un'esplosione rilevata dagli strumenti come ‘di natura ignota’.

“Si può colpire!” esultò Otho. E così fecero tutti i Futuremen. Tranne il Cervello che restò attento a ricevere i dati di conferma.

“Otho, a contatto con il loro scafo hai notato che tipo di esplosione è stata prodotta?”

“Un’esplosione è un'esplosione, no? Quanto basta per rallegrarsene. Facciamo fuori questa bestiaccia aliena!”

“L'avventatezza in questo momento potrebbe essere fatale, Otho. L'incontro della nostra energia nucleare con la materia di cui è composta la superficie di quella astronave ha prodotto un risultato estremamente singolare: non una detonazione atomica ma il ‘disegno’ di un'esplosione.”

Tutti restarono a bocca aperta.

“Cosa vuol dire il ‘disegno’ di un'esplosione?”, Ezra aveva preso parola.

“Non ne sono ancora certo. Ma gli elementi di cui dispongo mi dicono che siamo di fronte ad un oggetto che reagisce alle nostre leggi della fisica come farebbe un animated cartoon”.

“Un cosa?” fece Grag confuso.

“Un cartone animato, un'opera audiovisiva, un’entità artificiale prodotta dalla mente umana in un'epoca antichissima per mezzo di disegni messi in sequenza manualmente. Affascinante...”

“Cervello, io mi arrendo...”

“Non è il momento di arrenderci Otho. Stanno sparando di nuovo...virate di 35° a babordo!” ordinò il Cervello.

Il colpo stavolta centrò il Comet e i sistemi di emergenza iniziarono a inondare le camere di spray antincendio.

“Forza Futuremen! Non perdiamoci d'animo. Contrattacchiamo!” incitò Ezra.

Ma la lotta fu più dura di quanto potessero immaginare.

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Dallo schermo in sala controllo Ul Quorn gioiva.

Aveva chiesto del Brandy delle Rocce di Mercurio per distendere i nervi e intorpidire un po' la mente.

Guardava la scena del duello tra i due Comet comodamente, sprofondato su una poltrona in pelle di Kujahnx Europeiano, con gli stivali sopra il tavolo. Non se li era tolti per pigrizia e ancora una parte della peluria finta per recitare la parte di Anderson era lì, sugli zigomi.

“Se si distruggessero a vicenda sarebbe il massimo. Ma io mi accontento anche di una disfatta unilaterale. C'è sempre tempo per una bella tragedia...”

E sollevò il calice brindando da solo alla sua immagine riflessa su una finestra.

Intanto le ricerche di Captain Future, quello ‘reale’, procedevano. Quel maledetto Curtis Newton vagava fuori, in passeggiata spaziale nascosto dentro qualche anfratto del perimetro esterno alla base. Ma dove credeva di andare? I caccia Teklon erano sulle sue tracce, e la sua Comet non avrebbe mai avuto il tempo di recuperarlo.

Tempo di tre shots di Brandy. Anzi: di due...

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Nel cielo inondato di stelle Curt vide il suo Comet prossimo ormai alla meta. Aveva varcato il perimetro del campo visivo e ormai tutti i caccia Teklon erano in condizioni di poterlo intercettare. Eppure non si mossero e rimasero a fiutare l'aria attorno all'antenna radar a cui era rimasto aggrappato il fuggitivo con tutte le sue forze.

Ad un tratto, alle sue spalle, Curt assistette alla detonazione di un fascio d'energia che colpì la Comet. E poi un altro e un altro ancora.

“I colpi non provengono dalla base” constatò Curt nell'affanno “chi o cosa sta sparando?”

Una gigantesca ombra emerse dal nulla, inghiottendo il brulicare dei piccoli caccia monoposto. Curt approfittò dell'improvvisa oscurità per posizionarsi laddove un'alcova naturale si formava tra la cabina elettrica dell'antenna e l'aggancio all'impianto dello scafo della base.

Il colosso che era passato sopra la sua testa era un'astronave aliena, bianca e grigia di forma improbabile. I colori formanti erano talmente vividi da assomigliare ad un grande, enorme disegno bidimensionale.

Quando l'astronave sorvolò la base, subì a sua volta un colpo di blast cannon sparato dalla Comet e l'esplosione che ne seguì fu un assurdo rigurgito cromatico, frammisto a materiali e reazioni chimiche come provenienti da un piano dimensionale astratto. Ma la sua mole e la sua possanza erano tangibili.

Ponendosi a difesa di Base Macchia Rossa, l'astronave aliena restituì l’assalto: il colpo raggiunse il Comet che perse frammenti e brandelli dallo scafo.

Curt capì anche ad occhio nudo che il danno era stato enorme e che il Comet non sarebbe stato più in condizioni di venire a salvarlo.

Avrebbe dovuto comunicare con i Futuremen bypassando il radar a cui era aggrappato e ordinare una ritirata strategica e un suo recupero tramite ricognitore.

Trovò la centralina del radar e sabotò i chip impilati nella scatola dell'impianto. L'anima testarda da scienziato d'assalto di Captain Future non lo abbandonava mai, nemmeno nei momenti peggiori, quando, cioè, si poteva operare solo in condizioni di velocità e concitazione.

Un contatore provvisto di interfono lì vicino faceva al caso suo: lo attaccò in catena e provò a sintonizzare sulla frequenza teleaudio del Comet.

Ci mise il tempo di uno shot di Brandy delle Rocce di Mercurio…

“Comet, qui Curt. Passo.”

L’immagine sul display dell'interfono video flickerava, ma in men che non si dica regolò la banda e recuperò la sintonizzazione.

“Comet, qui Curt, mi ricevete? Passo.”

“Captain...siamo sotto attacco...astronave aliena...”

Il video non forniva un'immagine nitida ma la voce sorda e metallica era di certo quella di Grag.

“Mi trovo in esterno della base, sotto una delle antenne radar più grandi. Attorno a me pattugliano caccia Teklon. La mia riserva di ossigeno sta per esaurire. Siete in condizioni di venirmi a recuperare? Passo.”

“Il barocentrifugatore...messo fuori uso da un fascio di pseudo energia...”

“Recuperatemi con il ricognitore biposto. Cercherò di fornire un segnale. Passo”

“Captain, sono Joan, verrò io a prenderti...”

“Joan! Stai attenta, qui brulica di nemici!”

Non terminò la frase che il colosso volante dai colori vividi e dalla forma a doppia sfera, rovesciò una così intensa gragnola di colpi sul Comet da creare una nebbia di polveri per tutto il cielo stellato.

“Grag, Otho, Simon! Mi sentite? Passo.”

Il Comet era divenuto una massa di escrescenze incandescenti; pareva una creatura in agonia per una malattia epidermica. Curtis Newton non poteva credere ai suoi occhi: la sua astronave, con a bordo il migliore equipaggio dell'Universo, stava subendo una disfatta talmente grave da far temere all'irreparabile.

“Futuremen! Rispondete!”

Un rumore bianco seguì alla chiamata. Poi ci fu un'esplosione fatale che solcò i cieli di tutti i giganti gassosi del Sistema Solare.

E poi silenzio.

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“Vittoria!” ebbe a dire Ul Quorn, scattando in piedi e colpendo il tavolo con un pugno. Avrebbe voluto avere altri dieci sé stessi per potersi congratulare dieci volte.

Ce l'aveva fatta: il Comet era distrutto!

Ora mancava solo di finire questo sciocco nascondino sulla superficie della Base e portare a bordo il Captain Future dei suoi stivali. Se i Teklon l'avessero acciuffato vivo la gioia più grande sarebbe stata quella di poterlo torturare con le sue stesse mani ed infierire i peggiori dolori dei sensi a questo inutile supereroe del Bene Supremo, lo stesso Bene che ha motivato il suo omologo trans-dimensionale a distruggerlo.

E di quest'altro scocciatore di Kyaputen Fyūchā, che ne avrebbe fatto?

Con una valida scusa avrebbe potuto facilmente rispedirlo da dove era venuto, nel tubo catodico millenario. Oppure avrebbe potuto giocare ancora la parte di Anders e manovrare questo vetusto “cieco servitor delle giuste cause” contro chiunque altro.

“L'arma a servizio del Bene usata con sapienza dal Male. Quale altra migliore forma di onestà più di questa? In fondo siamo noi a decidere cosa è Bene, cosa è giusto e cosa no. E io ho deciso che tutto ciò che mi riguarda è nel giusto. Sono la storia che rimodella, sono colui che impacchetta la falsità dentro le scatole della verità...”.

In quel mentre il gigante Teklon entrò nella Sala Controllo e Ul Quorn gli offrì da bere. Il gigante rifiutò tirando indietro il palmo della mano e così facendo la tuta nera e aderente scricchiolò.

“Ci sono novità del fuggitivo?”

Il gigante premette un pulsante sulla plancia e apparve un puntino rosso lampeggiante in corrispondenza di uno dei radar esterni.

“Che aspettate? Accerchiatelo con i caccia e fate fuoco: voglio una collana con le budella di Captain Future!”

I caccia Teklon, smisero di vagare in maniera disordinata addensandosi attorno al punto dove si nascondeva Curt. Ad un comando muto di Base Macchia Rossa in sincrono estrassero i mitragliatori e fecero fuoco.

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Spuntò dal nulla un ricognitore di medie dimensioni che sganciò una fitta sequenza di bombe-siluro. L'inneschi a pioggia inondarono di schiuma propellente esplosiva una vasta area creando un muro invisibile dove la batteria dei caccia perse ogni senso di orientamento.

Alcuni Teklon, sparando alla cieca, si colpirono fatalmente a vicenda.

Quelli che uscirono dal perimetro di occultamento andarono a cercare un altro punto in cui ricalibrare la mira.

Il ricognitore, immerso nella schiuma delle bombe-siluro, risolse in pochi secondi la sua missione di recupero dello scienziato guerriero più forte del Sistema...

“Joan! Che il vasto cielo della scienza ti protegga!”

Disse Curtis Newton alla bellissima agente speciale delle forze di Polizia Planetaria. Si era finalmente tolto il casco respirando ossigeno fresco e prendendo la cloche di guida se la tirò a sé, accelerando a più non posso.

In un battibaleno il ricognitore della Comet era scomparso dai radar nemici.

“Oh Curt...”

“Sono felice di vederti Joan. Ma dimmi: che cosa è successo ai Futuremen? E al Comet?”

La ragazza prima di rispondere emise un lungo sospiro e chinando il capo lasciò che i suoi capelli bruni coprissero le lacrime.

“Sono decollata dall'hangar del Comet una frazione di secondo prima l'esplosione. Non ho nessuna notizia dell'equipaggio e tantomeno di Ezra. Ho paura che questa volta non ce l'abbia fatta nessuno, Curt.”

“Impossibile!” inorridì Captain Future, e il collo taurino si gonfiò a tal punto da mostrare vene e arterie nelle pieghe della pelle abbronzata “non mi arrenderò. Questa volta Ul Quorn la pagherà cara...

“Ul Quorn? Il Mago di Marte? È ancora vivo?”

“Dietro tutta questa stupida messinscena del comitato NO-PHCP, dei paramilitari Teklon e della difesa dei diritti dei contadini ganimediani c'è la sua mente malata.”

“Da dove proveniva l'astronave aliena? Vuoi insinuare che è stato lui a costruirla?”

“Lui deve averla evocata” affermò Curt con una voce vibrante livore “e probabilmente proviene da un altro snodo dimensionale: è spuntata fuori da dietro la base solcando il cielo ad un palmo dal mio naso. Non ho mai visto niente di simile Joan…”

La mano affusolata di lei cercò il possente palmo di lui e stringendola disse “Curt, non scoraggiamoci, cerchiamo i Futuremen...”

La faccia di cuoio di Curt, scura e bruciata, restò appiccicata allo schermo di guida; Joan si rese conto che il suo capitano era sull'orlo di un crollo emotivo.

Senza indagare ulteriormente quello sguardo corrucciato, la ragazza lasciò la mano con un gesto morbido e si mise ai macchinari di bordo. Attivò i sistemi di ricerca automatica e decise che non avrebbe più parlato finché qualcosa non fosse apparso nei dati. Era inutile alimentare false speranze in un momento così tragico.

Il ricognitore non fece il balzo iper spaziale e Curt lasciò che vagassero senza meta attorno al quadrante di Giove.

Curt stava faticando a escogitare un piano per vendicarsi sul dannato Ul Quorn e si sentiva, per la prima volta in vita sua, senza energie: l'eroe invincibile, lo scienziato infallibile era un paria, un tapino di fronte a un destino avverso. Con la devastazione del Comet qualcosa dentro Curtis Newton si era rotto ed era emersa la fragilità di un uomo drogato di vittorie, ora in pieno barato maniaco depressivo, ignaro di quali oscurità profonde risiedevano nella propria anima di vincente compulsivo.

Joan non lo aveva mai visto così, e si spaventò.

“Stai bene?”

Lui non rispose e continuò a vagare a vuoto, un po' di qua un po' di là.

“Dove stiamo andando?”

“Non lo so Joan. Sto pilotando a caso...”

“Curt, non ti ho mai visto così arrendevole. Non ti riconosco. Su, lascia a me i comandi e vai a riposare”

Come un docile bambinone, il grosso astronauta si sdraiò su una lettiga di soccorso nell'anticamera della cabina di pilotaggio; restò con gli occhi aperti sui led intermittenti dei macchinari e si lasciò divorare dai cattivi pensieri, in solitudine. Finché non si addormentò.

C'era solo Joan, ora, a tenere in mano le sottili redini del destino dei Futuremen e avrebbe fatto di tutto per recuperare il relitto del Comet e il suo contenuto nel più breve tempo possibile.

Dopo lunghe ore di ricerca disperata, riuscì ad agganciare la fila degradante dei componenti smembrati dell'astronave: parti consistenti e polveri metalliche disintegrate procedevano lentamente ad aspirale verso l'orbita di IO, il satellite galileiano più interno di Giove e quello geologicamente più attivo. Approssimandosi ad IO, sugli schermi si notavano eruzioni di biossido di zolfo a getto continuo, alcuni delle quali raggiungevano lo spazio.

“Pessimo posto dove atterrare” disse fra sé e sé la ragazza.

Il grosso del relitto era nella parte finale dell'aspirale discendente. Pareva però che il cabinato in corrispondenza con la plancia di comando fosse intatto. Tutti i Futuremen, incluso Ezra Gurney, al momento dell'esplosione erano nella stessa sala del Comet e se la fortuna l'avesse assistiti magari qualcuno di loro era ancora protetto dall'impianto stagno in radite di Uranio che ricopriva a strati ogni comparto.

Malgrado nessun risultato dallo scanner termico, Joan spinse al massimo i ciclotroni e discese in picchiata verso il grosso cabinato bruciacchiato.

Tentò il rendez–vous, raggiungendo un punto stabile e si infilò il casco per l'attività extra veicolare. Una volta fuori si agganciò alla fune e con il rocket belt pack raggiunse la grossa superficie ammaccata della cabina smembrata e le parve di vedere, attraverso una paratia trasparente, una scintilla di luce brillare nell'oscurità.

Non era un circuito in corto, ma qualcosa di più simile ad un normale saldatore elettroduttile...

La giovane agente speciale ebbe un sussulto e cominciò a tirare colpi contro la parete, con quanta più forza avesse.

Qualcosa da dentro rispose con altrettanti colpi sordi.

Joan armò la pistola protonica a bassa intensità e praticò un foro abbastanza grande da poterle permettere di penetrare. Non appena l'operazione riuscì, una gran quantità di oggetti, di utensili, di scatole elettriche e di altre cose indecifrabili schizzarono nel vuoto. Poi, contraendo il busto e torcendo le gambe, Joan entrò all'interno dove tutto pareva buio e morto. Ma qualcosa brillava nell'oscurità e si sentì afferrare in una morsa fortissima...

“Otho! Sei tu!”

Nella totale assenza di aria la ragazza, protetta dal casco e dalla tuta spaziale, non poteva sentire nulla di quello che Otho stava dicendo. Ma il suo gesticolare era chiaro: solo lui e Simon, Eek e Oog erano sopravvissuti. Grag era andato distrutto e Ezra non ce l'aveva fatta.

Joan esplose in singhiozzi dentro il casco e il pianto fu talmente scrosciante da rischiare di farle consumare tutto l'ossigeno delle bombole. Otho le fece il gesto di calmarsi e l'abbracciò con tutta la tenerezza che un androide era in grado di dare.

Simon, il Cervello, era intento a saldare una parte del busto del grosso robot, ridotto ad un ammasso di componenti positronici.

Il relitto a un tratto dette uno scossone e fu il segno che IO e le lingue incandescenti di lava ad alta quota si stavano pericolosamente approssimando. L'attività geologica del satellite avrebbe terminato di consumare i pezzi residuali del Comet per ablazione.

“Avanti, portiamo via Grag! Finiremo di ripararlo a bordo...” incitò lei.

Entrarono nel ricognitore usando il cavo e appena chiusero il portello e sganciarono il moschettone ebbero il tempo di allontanarsi dall'inevitabile: l'aspirale di detriti venne ingoiata da una lingua di fuoco che sembrava quella di un mostro incandescente delle Nebulose di Andromeda.

Quando Otho vide Curt lo abbracciò come se non si fossero visti per diecimila anni. E Oog e Eek imitarono l'abbraccio come solo due bambini allegri avrebbero potuto fare. Il cervello di Ezra venne messo in una scatola criogenica nella speranza di un trapianto.

“Tutto il merito va a Joan. È stata lei a salvarvi. Io avevo perso le speranze e me ne vergogno” disse con gravità Curt e strinse la mano alla ragazza come al più alto dei meriti militari.

“Ho solo svolto il mio compito.”

“Futuremen, ora è urgente riparare Grag” disse il Cervello, che non potendo “abbracciare” nessuno, riportò tutto al piano fattuale.

“Bene, procediamo...” disse Captain Future, con un lieve accenno di sorriso ritrovato.

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“Idioti!” sbraitando al colmo dell'alterigia, Ul Quorn teneva con il suo raggio paralizzante elettrostatico due piloti Teklon a mezz'aria e li oscillava come marionette al cappio.

“Come avete fatto a farvelo soffiare da sotto il naso? Vi dovrei uccidere uno ad uno...”

Ad uno scatto delle braccia del Mago di Marte i due corpi sospesi si scontrarono violentemente. Nella sala controllo si sparse una poltiglia informe di organi macilenti e brandelli di tute spaziali.

Hnjar e il gigante Teklon assistettero alla scena in silenzio e un fiotto di sangue finì sulle loro facce.

“Fate pulire” sibilò Ul Quorn e scaraventò contro la finestra il bicchiere di Brandy delle Rocce di Mercurio, lì pronto per un inutile brindisi.

つづく

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