"A New Adventure of Captain Future" CAPITOLO IX: Capitan Futuro, picchia duro anche per no
Nel laboratorio situato nei recessi di Base Macchia Rossa si svolgeva un esperimento estremamente delicato.
Su una piattaforma posta in centro, un piedistallo trasparente sorreggeva la Televisione. Il cubo catodico scuro dava scarsi segni di attività ma ad ogni scarica dell'impianto ciclotronico lo schermo pareva sintonizzarsi sempre di più su un'immagine in movimento. I tecnici, vestiti in camice e berretto protettivo, eseguivano ordini secondo uno schema reiterato.
“Riattivare ciclotrone numero quattro.”
“Ciclotrone numero quattro riattivato.”
“Immettere scarica sul 67%.”
“Cifra percentuale impostata.”
“Quattro, tre, due, uno, azione!”
Un intenso lampo blu esplose e tutti si coprirono gli occhi.
Nella cabina centrale il gigante Teklon sedeva su una sedia girevole e controllava che tutto filasse liscio. Aveva il compito di far funzionare le cose a dovere usando, all’occorrenza, ogni mezzo.
“Riattivare ciclotrone numero cinque”
“Ciclotrone numero cinque attivato”
“Reimmettere scarica sul 71%”
L'ennesimo lampo blu. Il reparto tecnico nella cabina era nervoso: il fallimento non era un’opzione. Prima che Ul Quorn si presentasse nella control room, dovevano esserci risultati tangibili.
“Ciclotrone numero sei, reimmessa scarica al 78%”
Stavolta l'innalzamento del livello di flusso sembrò dare dei segni: sullo schermo della Televisione comparvero dapprima uno sfrigolio, poi onde sinusoidali e infine delle immagini in movimento.
Si era sentito, per pochissimi istanti, una voce provenire da uno degli altoparlanti della Televisione ed era una voce fiera, accorata, che pareva esortare verso il pericolo, verso un misterioso balzo astrale…
“Canale intercettato. Agganciate l'immagine!”
Un tecnico munito di cacciavite magnetico inserì l'estremità in un grosso bullone sulla superficie laterale di una consolle. Lo strinse a viva forza mentre con una gamba faceva leva contro uno spigolo d'appoggio. E nel mentre grondava di sudore.
“Il processo di trazione elettrodostatica è in corso…” disse un altro tecnico mentre monitorava l’efficacia dello sforzo del collega. L'immagini apparse sulla Televisione si stabilizzarono e quando furono ben sintonizzate venne impartito l'ordine chiave: “ponte transdimensionale aperto e funzionante. Passaggio di energia primaria in corso…”
Il gigante Teklon si alzò in piedi lentamente e la sua uniforme nera scricchiolò come se la tensione del tessuto fosse in procinto di romperla.
La cascata di luce che seguì, inondò la Televisione e il suo schermo si fece gelatinoso come una cartilagine colemolare.
Attraverso di esso nuotavano delle forme confuse, che gradualmente presero il sembiante di entità umanoidi.
Il primo soggetto che uscì fuori, era una montagna di metallo grigia con una testa simile ad un elmo sormontato da due piccole corna. Le gambe e le braccia erano nude e solo il busto era coperto da una casacca sintetica arancione.
Dopodiché comparve un uomo grasso, dalla pelle di color rosa acceso e la faccia solcata da occhiaie circolari profondissime. Aveva una testa pelata, lucida come il ginocchio di un atleta, sopra la quale stava miracolosamente in bilico un cappello da marinaio.
Nella sequenza successiva apparve un oggetto volante con due antenne retrattili e una massa cerebrale protetta da una calotta luminescente; dietro di lui schizzarono letteralmente fuori due creaturine informi verde e viola.
Una bionda ragazza in uniforme posò piede sul pavimento con la leggiadria di una danzatrice.
Ma l'ultimo ad emergere nella sequenza di transito transdimensionale fu un uomo, protetto da una tuta spaziale color panna, provvisto di gambali e ginocchiere, con due pistole collegate ad uno zaino protonico ai fianchi e un contatore barometrico sul petto. Aveva capelli rossi, faccia quadrata, sguardo lucente, mistico e sensuale dell'eroe di una saga fantascientifica.
Tutti quanti loro erano fatti di vividi colori, come disegnati dalla penna di un dio felice, e non parevano in carne ed ossa ma fatti della materia con cui sono fatte le astrazioni, le leggende o i ricordi d'infanzia…
Il gigante Teklon premette un pulsante e dall'ascensore giunse Ul Quorn vestito da poliziotto spaziale in alta uniforme.
“Mi compiaccio” disse in solluchero al gigante, mentre un intero stuolo di tecnici aveva chinato il capo, “ora fai entrare i contadini di Ganimede e assicurati che facciano la loro parte senza combinare guai”.
Entrò in centro alla sala dell'esperimento transdimensionale il gruppo dei quattro uomini in tunica (quelli che erano seduti al tavolo della sala del comando centrale). Dietro di loro Hnjar impugnava l'arma, tenendoli in scacco al solo falso movimento.
Il Mago di Marte si presentò ai nuovi arrivati transdimensionali con il cicisbeismo di un attore consumato.
“Kyaputen Fyūchā , è un immenso onore conoscerti! Io sono Halk Anders. Ma non lo stesso che conosci tu: io sono l’Anders di ‘questa’ realtà. La vostra è una realtà incorporea e la nostra invece è materiale. Ma siamo tutti animati da una medesima stella infuocata: la ricerca e l’adesione al Bene, che io, in quanto capo della Polizia Planetaria, rappresento”.
Kyaputen Fyūchā, con circospezione attese la fine del discorso di benvenuto e poi parlò. La sua voce era calda, ma illogica. Non vi erano aggettivi appropriati per delineare i confini tra una intersezione di mondi così distanti.
“Dove siamo?”
“Nella dimensione Edmond-H., su una base in orbita attorno a Giove, Sistema Solare.”
“A quale scopo ci avete chiamato?”
Ul Quorn sapeva che Kyaputen Fyūchā e i Futuremen necessitavano di una motivazione convincente. Ma sapeva anche che un cartoon è notoriamente molto ingenuo…
“Vi abbiamo chiamato per richiedere il vostro prezioso aiuto. Le megaimprese del Sistema di questa dimensione hanno avviato un progetto criminoso che prevede l’annientamento di Ganimede per l’ampliamento di una rotta commerciale che va dalla Terra a Titano. I contadini qui presenti, sono allo stremo delle forze e chiedono aiuto a gran voce. Vero signori?”
I prigionieri, guardando con la coda dell’occhio il fucile atomico della guerriera Teklon, deglutirono e annuirono. Junid, digrignando i denti, fece anche lui un impercettibile cenno di assenso col capo.
“A nome della Polizia Planetaria e dei contadini di Ganimede ti chiediamo di combattere in nostro soccorso” disse con subdola acrimonia il falso Anders.
Un tecnico si avvicinò con deferenza a Ul Quorn e gli bisbigliò qualcosa nell'orecchio.
“Arrivano! Proprio adesso sta entrando nel quadrante di questa base l’astronave ammiraglia nemica. È molto pericolosa e ben equipaggiata. Solo il vostro Comet può contrastare l’assalto in forza, in velocità e in prestazione!”
Kyaputen Fyūchā si mise una mano sul mento e l'altra sulla cintola e restò in posizione statuaria senza proferir verbo.
Tutte le persone in carne ed ossa presenti nel laboratorio circondavano i coloratissimi Futuremen animati in attesa di un cenno di approvazione del loro formidabile capo.
“Le nostre pattuglie d’assalto saranno al vostro fianco. Non c’è un attimo da perdere…”, incalzò il falso Anders.
Junid ebbe un moto di ribellione ma non appena tentò di aprir bocca, Hnjar lo paralizzò con un colpo del calcio del fucile tra le scapole.
L’indomito e aitante Kyaputen Fyūchā, finalmente alzò il braccio al cielo e disse:
“Dove c'è ingiustizia noi agiremo. Siamo dalla vostra parte. Futuremen, a bordo del Comet, avanti!”.
“Comet pronto e armato Kyaputen. L'auto pilota ci attende a bordo” disse Otto, l'androide dalla pelle rosa brillante.
“Grazie Kyaputen Fyūchā. Tutto il Sistema Solare di questa dimensione ti sarà eterno debitore” sogghignò Ul Quorn, inchinandosi fino a toccare terra. Si era divertito a mostrare le sue doti di attore ruffiano e un po’ era dispiaciuto che la farsa fosse stata così breve.
“Quanto è stupido questo Kyaputen Fyūchā…” pensò.
Intanto però l'intero laboratorio rendeva omaggio alla possanza e alla determinazione dell'eroe transdimensionale prostrandosi a dovere ai sui piedi.
“Chi crede ciecamente nel Bene non distingue mai il Male”, si disse Ul Quorn, e gli occhi gli arsero di compiacimento.
Era fatta: il Kyaputen Fyūchā del cartoon si sarebbe scagliato contro il reale Captain Future, secondo l'assioma che “solo il Futuro può sconfiggere il Future”.
Il piano era diabolico e paradossale: sapeva che le due Comet nelle due dimensioni erano, in forma e materia, completamente diverse tra loro e si sarebbero date battaglia senza sapere l'identità l'uno dell'altra.
“Picchia duro anche per noi, Kyaputen Fyūchā...” sibilò Ul Quorn uscendo dal laboratorio col gigante e una corte di tecnici a seguito.
Avrebbe gustato la battaglia dai monitor della sala del comando centrale mentre nel cielo l'ombra oblunga della Comet animata eclissò per alcuni istanti la luce di Giove su Base Macchia Rossa.
つづく