"A New Adventure of Captain Future" CAPITOLO III: i Futuremen
La Base Lunare dei Futuremen era sul lato oscuro del satellite ed era sempre in effervescente attività. Una grossa parte del complesso era scavato in profondità nella crosta, mentre nella cupola esterna vi erano le principali attrezzature di osservazione astronomica. Nei comparti sotterranei Captain Future e i suoi Futuremen eseguivano gli esperimenti scientifici più importanti.
Il robot Grag, una montagna di due metri e dieci di metallo assemblato con circuiti positronici a gestione autonoma, guardava nello spettronomamometro di un grosso apparecchio saldo al pavimento a pannelli, il rigonfiamento informe di una forma di vita unicellulare in crescita incontrollata.
Ci fu un improvviso calo di corrente: i suoi occhi fotoelettrici si girarono a cercare in un angolo buio del laboratorio il piccolo Eek, la creaturina lunare telepatica che spesso gli faceva da aiutante nel riconoscimento dei minerali (di cui era anche molto ghiotto…).
“Eek, non avere paura: è solo uno sbalzo di energia” tuonò la voce innaturale del grosso robot “questa massa informe si nutre di fotoni. Sarà meglio diminuire l'immissione di luce nel laboratorio altrimenti diventerà troppo grande.”
“Che stai combinando, maledetto ammasso di rottami?” scattò una voce stridula: era quella di Otho, l'androide, uomo sintetico di sembianze plastiche e capace di mutare forma in un battibaleno “se fai saltare un'altra volta la corrente, scatteranno i sistemi d'emergenza!”
“Non disturbare la scienza, incompetente palla di gomma!” mostrò il pugno Grag in direzione dell'androide situato all'estremo nord del laboratorio.
Otho, sulla sedia di calcolo, teneva in braccio la bestiola Oog, camaleonte delle meteore, capace ancora più rapidamente del padrone, di mutare in qualsiasi cosa. Le sue doti cellulari erano oggetto di studio, ma lo stesso Otho non ne aveva scoperto il segreto: il mistero era avvolto nella prodigiosa capacità di adattamento tipica degli abitanti degli asteroidi, luoghi talmente ostili e instabili da costituire uno dei più affascinanti interrogativi della Galassia.
“Tu piuttosto, stai ancora perdendo tempo dietro a quella tua schifezza impronunciabile?” il riferimento offensivo al piccolo animaletto fece andare su tutte le furie Otho, che scese dalla sedia e si piazzò di spalle al robot stringendo i pugni.
“Come osi parlare così di Oog? Lui fa cose che nessuno qui dentro è in grado di fare! Men che meno la stupida pulce sgranocchia metalli che ti porti appresso...”
“Prova a dirlo di nuovo, testa d'uovo...” disse Grag, sollevandosi per l'intero della sua stazza, pronto a raccogliere la sfida a suon di magli da centocinquanta libbre.
“Basta voi due!” fece una voce imperiosa.
Attraverso le porte scorrevoli che accedevano nel laboratorio, era entrata una figura che, per essere solamente un essere umano, faceva senz'altro spicco nei suoi 1,90 di altezza, con lunghe gambe muscolose, spalle larghe e aspetto atletico. Aveva capelli d’un rutilismo acceso, tutti arruffati e attorcigliati dall'incauta forza di gravità e dall'eccessivo uso di casco protettivo; facevano un piacevole contrasto con la tuta verde piena di cerniere. La faccia a zigomo quadrato era completamente abbronzata per via di una continua esposizione alle radiazioni solari. I suoi occhi cerulei guardavano lontano, nel futuro profondo. Si trattava di Curt Newton, il massimo scienziato del Sistema, guerriero senza macchia, sempre munito di pistola protonica anche quando andava a dormire; la sua saggezza e la sua tenacia lo precedevano di fama e il suo nome di battaglia risuonava in tutta la Galassia. Tante erano state le malefatte sventate da Captain Future che non si contavano più.
Al suo fianco, oltre a Grag e Otho, c'era l'elemento più prezioso di tutto il gruppo dei Futuremen: Simon Wright, il Cervello, una massa cerebrale galleggiante in un liquido amniotico tenuta in via da circuiti di siero racchiusi in un cubo trasparente. Montati su antenne flessibili, il Cervello aveva occhi a lenti di vetro e un apparecchio vocale a risonanza innestato in mezzo a microfoni auricolari. Con dei raggi magnetici, utilizzabili anche in caso di difesa, lui si sorreggeva lievitando nell'aria.
La storia dell'equipe Futuremen era nota a tutti gli appassionati d'avventure di ogni dove: Curt Newton, perduti i genitori per mano dello scellerato scienziato Victor Kaslan, padre di Ul Quorn il “Mago di Marte”, era rimasto orfano sotto l'egida di Simon Wright, insigne scienziato che prima di morire si era fatto racchiudere il cervello in quella speciale teca levitante. Wright, assieme ai genitori di Curt, aveva costruito Grag e progettato Otho. Questa fu la strana famiglia dove il giovanissimo Captain Future crebbe e dove apprese tutte le informazioni di scienza, di ultrastrofisica e di hypermatematica utili a farlo divenire il più importante scienziato del Sistema.
Raggiunta la maggiore età Captain Future fece la solenne promessa di “combattere contro il male in tutta la Galassia, ovunque fosse e qualsiasi forma avesse”. Come un nostromo dei mari, lui conduceva una delle più prodigiose astronavi mai concepite: il Comet.
“Abbiamo intercettato la scia del razzo rosso: è certamente il segnale dalla Torre del Governo di New York che ci convoca. Preparate il Comet al decollo.”
“Agli ordini Captain”, fece con il gesto militare il magro Otho, e i suoi occhi a mandorla sembravano ridere all'idea di una nuova avventura nello spazio. Dopo troppi giorni nel sottosuolo della Luna, la truppa cominciava a dare in escandescenza.
Grag e Otho seguirono in silenzio Curt e Simon oltre le porte scorrevoli, poi su nell'ascensore fino al ground moon zero lunare dove, attraverso una serie di condotti stagni, si accedeva all'hangar del Comet. L'astronave, sempre sotto provvidenziale manutenzione, aveva i motori caldi e non appena procedettero con l'accensione uscì dalla cupola e balzò nello spazio siderale in pochissimi istanti, dove scomparve alla vista.
Intanto, nel laboratorio, la creatura unicellulare nella teca cibernetica di Grag continuava a crescere a dismisura.
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“Curt!” disse con voce tremante Joan, che fu la prima persona ad andare incontro allo scienziato sulla piattaforma di atterraggio antistante alla Torre del Governo.
“Joan! Mi fa piacere rivederti” disse lui, senza nessuna malizia. Lei, forse aspettandosi qualcosa di più, provò ad abbracciarlo, ma in sede ufficiale sentiva alle spalle lo sguardo contrariato del gran capo Halk Anders e quello preoccupato del vecchio Maresciallo Ezra Gurney. E si trattenne, sperando in un'altra occasione più informale.
“Captain Future, che piacere rivederti!”
“Anche per me, mio caro Ezra. Che cosa succede? Per quale motivo mi avete convocato?”
“Vedi Captain Future, la faccenda mette a repentaglio la credibilità e la stabilità di innumerevoli organizzazioni commerciali. È una situazione quantomai delicata”, disse a bassa voce Halk, mentre camminavano cerimoniosamente verso la sala riunioni. Anders, spiegò nel dettaglio, la vicenda.
“Potrei sentire il messaggio?”
Nella sala riunioni venne riavvolto e riascoltato più volte, per valutare ogni dettaglio.
“Avete provato a far decriptare il messaggio, per fare un confronto vocale con eventuali altri criminali schedati e in libertà?”
“Sì, e non è emerso niente: si tratta di una voce sintetica, impossibile da identificare” disse grevemente Joan. Aveva fatto provare ogni tipo di analisi alle immagini di repertorio a voci e ai rumori dello scafo.
“Ci sono testimonianze dirette di qualcuno che ha incontrato i due soggetti?” chiese Curt.
“Ad eccezione dell'ammiraglio e degli attendenti uccisi sul colpo, non abbiamo informazioni che altri abbiano visto i sequestratori.”
“Avete identificato gli ostaggi?”
“Purtroppo non ancora: ipotizziamo il pilota e due assistenti, ma non ne siamo ancora certi”
“E il secondo dirottatore dove sarebbe andato a cacciarsi?”
“Nessuno lo sa: era stato in grado di prendere controllo dell'apparato di guida posteriore senza, praticamente, mostrarsi ad anima viva. Ancora adesso non ci risulta visibile ai nostri body scanner interspazio. Ma di sicuro è ancora a bordo.”
Captain Future si portò le dita al mento lisciandosi la faccia e, facendo il giro del tavolo, tenne l'altra mano dietro la schiena.
“Abbiamo poco tempo Curt, ormai mancano solo trentadue ore alla scadenza della richiesta” sollecitò il Cervello, galleggiante nell'aria a filo del soffitto.
“Cosa pensi di fare, Captain?” chiese Otho.
“Tenterò di interagire con loro e di guadagnare tempo. Nel frattempo fate sgomberare l'intero quadrante di ogni pattuglia di Polizia Planetaria e Coloniale. Ci sarà solo il Comet a fronteggiare la Mega Tir 6.”
Anders era titubante, ma sotto lo sguardo deciso di tutti gli altri cedette.
“Faremo come vuoi. Ma mi raccomando, non deve trapelare nessuna notizia del sequestro fuori da quella porzione di spazio interplanetario. Chiaro?”
“Certo Anders, puoi fidarti di me. Come sempre.”
つづく