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"A New Adventure of Captain Future" CAPITOLO VIII: Base Macchia Rossa


L'interno dell'hangar era un brulicare di tecnici in camice e militari in uniforme bianco rossa. Curt Newton, travestito da Asverson, attese che una comunicazione ufficiale gli desse il via libera per uscire dall'abitacolo.

Avrebbe voluto contattare il Comet ma sapeva di essere sotto controllo radio e a un minimo errore la copertura sarebbe saltata.

Poco dopo essere penetrato vide, alle sue spalle, atterrare uno strano aviogetto scuro, probabilmente appartenente ad un gruppo militare extra Sistema. Vide che quel veicolo destò molta concitazione tra le schiere. Probabilmente il pilota era un pezzo grosso con un importante incarico da svolgere. Curt ebbe modo di vedere che da quel veicolo fuoriuscì un uomo gigantesco: portava in braccio un oggetto cubico che consegnò nelle mani di un drappello di tecnici.

“Agente Asverson, ben tornato a Base Macchia Rossa” disse un altoparlante disposto ad una delle colonne superiori.

Curt capì che era il momento di scendere. Aveva occultato il cadavere all'interno di un pannello e sperava che nessuno sarebbe stato abbastanza curioso da scovarlo. Cosa alquanto improbabile, ma non del tutto impossibile. Il rischio, però, era parte della normale routine.

Messo piede a terra, restò sull’attenti finché non giunse un comitato di accoglienza: erano un uomo e una donna tatuati nel modo Teklon, certamente di grado inferiore. Porsero un saluto formale e lo invitarono a seguirli.

Il gigante, in lontananza, gli lanciò un'occhiata torva (anche lui aveva tatuaggi longitudinari sul viso). Ma subito dopo imboccò un tunnel laterale seguito da una scorta armata.

“Ci hanno riferito, agente Asverson, che l'operazione si è conclusa con la morte di Captain Future. Ciò corrisponde al vero?” chiese la donna Teklon che lo precedeva lungo il passaggio interno.

“Affermativo” rispose Curt in lingua globo-convenzionale e nel modo più asettico possibile. I Teklon avevano tutti l'atteggiamento di automi organici e parlavano tra loro con un tono incolore e senza il minimo accenno di umanità. Doveva essere un codice comportamentale e per fortuna era facile da imitare (sarebbe stato più complesso dover improvvisare il dialetto di Lulanee, su Urano, o di qualsiasi altra città pianeta extra Sistema).

“Congratulazioni, verrai senz'altro promosso dal comando generale” disse la donna guerriero mentre procedeva con passo marziale verso una porta scorrevole.

“Me lo auguro” pensò di aggiungere Curt, sperando di non tradire la benché minima inflessione.

Arrivati a destinazione, la donna Teklon passò una mano sopra un interruttore di comunicazione.

“L'agente Asverson è qui”.

“Fatelo entrare” disse una voce interfonica dal tono decisamente assertivo.

Le ante si aprirono e apparve una sala scura con un tavolo ovale, illuminata solo nei punti in cui erano seduti un manipolo di ignoti figuri.

Due coppie di uomini si fronteggiavano ai lati, vestiti con abiti semplici e tuniche di microstoffa tipiche degli alti esponenti della delegazione agricola di Ganimede. Dietro al più giovane di loro, stava ritta in piedi una guerriera Teklon dai capelli verdi e con un fucile atomico in braccio. Presiedeva la tavola una sagoma imponente che Curt riuscì a vedere solo di spalle: era coperto da una veste porporina e un copricapo simile ad un turbante a righe.

Il giovane contadino gioviano incrociò lo sguardo di Curt e prese la parola: “ci è giunta voce che la Mega Tir 6 sia esplosa”.

“Affermativo” rispose Curt, tenendo fede alla parte del militare irreprensibile.

“Ma così facendo è svanita ogni possibilità di contrattare le condizioni iniziali! Abbiamo chiesto il tuo aiuto e quello dei tuoi Teklon e adesso cosa possiamo sperare di ottenere?” chiese il giovane con animosità, rivolto all'uomo di spalle.

“Mi associo al pensiero di Junid” disse il più anziano del gruppo, “decadendo l'operazione di riscatto, il progetto di distruzione di Ganimede non può essere più fermato.”

“La Polizia Planetaria farà un'indagine che condurrà dritti a noi come responsabili del sequestro!” sbraitò un altro.

“Saremo tutti condannati a morte!” aggiunse adirato il quarto uomo.

“Non tutti: solo voi” disse infine l'uomo di spalle, accentuando il ‘voi’ con malignità.

“Cosa intendi dire? Per quanto tu ti creda assolto sei per sempre coinvolto” cantilenò Junid sprezzante.

“Stupidi, sciocchi, zotici, inutili insetti, senza un briciolo di esperienza strategica…mi siete stati di aiuto nell’unico vero obiettivo della mia missione: imbastire una trappola mortale per Captain Futuro. Ora non so che farmene di voialtri” e con un gesto sbrigativo della mano Hnjar, la Teklon dai capelli verdi, puntò il fucile sul gruppo.

Curt assistette alla scena senza dire niente; non era il momento di agire.

La ragazza aveva uno sguardo di una ferocia inaudita e oscillando l'augello dell'arma, fece intendere alle persone sotto tiro di dover alzarsi dalla tavola e di uscire dalla sala con le mani sopra la testa.

Lentamente, come in una processione funebre, i quattro delegati ganimediani uscirono nel corridoio finché nella stanza restarono soli Asverson e l'uomo in porpora.

“Siediti agente, facciamo conoscenza”.

Curt, a quell’invito, raggiunse una sedia e vi prese posto.

Ma quando finalmente l’uomo mostrò il suo volto, Captain Future dovette sfoderare il sangue freddo di un professionista millenario di pocker…Ul Quorn, il Mago di Marte (così si faceva chiamare) sedeva lì, a pochi palmi di distanza e guardava il suo nemico giurato camuffato da Asverson come se fosse un alleato esemplare, un agente di tutto rispetto, uno che aveva fatto fuori Captain Future dopo innumerevoli tentativi.

L'ultima volta che Curt e i Futuremen videro Ul Quorn e la sua complice venusiana N'Rala fu quando la loro astronave, la Nova, deragliò verso il Sole. Poi un bagliore lontano sembrò decretarne la fine. La Galassia era finalmente ripulita dal terribile criminale galattico, figlio dello scellerato Victor Kaslan, assassino dei genitori di Curt Newton e nemico giurato della Polizia Spaziale.

Non fu così che andò, dunque!

Il Mago di Marte era ancora lì, vivo e vegeto, che dominava un esercito di mercenari in una base occulta sopra l'equatore di Giove. Aveva ingannato i contadini ganimediani facendo loro credere di sostenere una causa ribelle contro le megaimprese del commercio interstellare. Ed ora cos’altro aveva in mente?

“Asverson, questo è il tuo nome?”

“Sì” disse Curt, senza perdere concentrazione.

“Codice?”

“AI1910606” riportò alla mente con prodigiosa memoria.

“E il sergente Kualara è morta per mano nemica, corretto?”

“Affermativo”

“Dunque tu ti aspetti di passare al grado del suddetto agente?”

“Io non mi aspetto nulla, lavoro solo per la causa”

“Bene, sei un uomo di onore” Ul Quorn parlava con calma, prendendo pause calcolate. Un bip rosso comparve in un display sul tavolo e l'uomo estrasse un auricolare con cui intercettò una chiamata.

“Mmmhh. Bene, sì capisco...procedete pure”

Curt intanto pensava ad uno stratagemma per eliminare Ul Quorn: un'occasione simile non si sarebbe mai più ripetuta. Avrebbe potuto aggredirlo di sorpresa e colpirlo alla testa con la sua inseparabile pistola protonica nascosta sotto il travestimento. Sapeva però che il suo nemico era capace di mille trucchi…

“Dunque, se ho ben capito tu non hai incontrato Captain Future a bordo della Mega Tir 6?” chiese circospetto Ul Quorn.

“No. Ho atteso che lui fosse nella cabina di pilotaggio dell'aero cargo e ho azionato la procedura di innesco dell'esplosivo prendendo una navicella di salvataggio poco prima della detonazione.”

“Certo, deve essere andata proprio così” mentre parlava, Ul Quorn si alzò in piedi e la sua notevole mole risaltò le lunghe pieghe della veste porpora.

“Quindi, se non hai incontrato Captain Future...” Ul Quorn, raggiunta la porta, vi si parò davanti e allungò le mani contro Curt e lo immobilizzò con un raggio paralizzante elettrostatico incastonato nei polsi “...di chi è il cadavere nella navicella?”

Era stato scoperto: non poteva muoversi!

Dalla porta entrò il gigante Teklon, quello che Curt aveva visto atterrare nell'hangar.

Si avvicinò a passo pesante e Ul Quorn gli ordinò: “finiscilo”.

Il gigante prese tra le mani la testa di Curt Newton e iniziò a stritolarla come una pesca saturniana. La situazione richiedeva l'astuzia dell'animale predato contro il carnivoro assetato di sangue. Così Curt, prima che il gigante gli spappolasse la scatola cranica, finse di perdere i sensi e si lasciò cadere molle al suolo. Ul Quorn interruppe il flusso paralizzante per valutare il suo reale stato di salute: il battito era ancora pulsante. Bene! La morte gliel'avrebbe data con un colpo di spada inferto al cuore.

“Fra noi non c'è misericordia, Captain Future” proferì Ul Quorn estraendo la sciabola a elettroni, pronto a calarla in pieno petto. Sarebbe bastato un affondo, questione di un attimo.

Ma i riflessi di Curt non erano per nulla sopiti; come quelli di un cane cerberiano che di fronte al trisonte simula di essere il soccombente, scartò di lato lasciando che la sciabola penetrasse il pavimento tra mille scintille.

Mantenendo salda l'impugnatura con la destra, Ul Quorn riattivò il raggio immobilizzatore usando l'avambraccio libero ma Curt slanciandosi in un atletico carpiato, usò il gigante, rimasto di princisbecco, come schermo con cui pararsi.

Ul Quorn colpì il gigante che restò irretito in una posizione innaturale. Quei secondi bastarono a Curt per disimpegnarsi dall’assalto dentro la sala del comando centrale e, lanciandosi contro la porta, fuggì nel corridoio.

Ul Quorn diresse il raggio nuovamente su di lui ma ormai era troppo tardi: Curt aveva varcato la soglia e le ante si erano chiuse alle sue spalle. Il raggio si disperse in un lampo elettrostatico di un intenso color carminio.

“Prendete il fuggitivo!”

Disse via radio Ul Quorn alle sentinelle lungo il perimetro

di difesa degli hangar. Trillarono gli allarmi in tutta la base e le luci lampeggiarono.

“Tu vai nel laboratorio e dai il via all'operazione transdimensionale. Questo è il momento di agire. Ogni errore sarà punito con la morte”.

Il gigante annuì e da un vano segreto nella sala del comando apparve un ascensore sufficientemente grande da contenerlo. E Ul Quorn restò solo, con le froge fumanti e gli occhi iniettati di sangue.

“Adesso mi travestirò da quell’idiota di Halk Anders e convincerò l'Avversario che il Bene risiede in me. L’inganno sarà perfetto, quanto è vero che mi chiamano il Mago di Marte...”

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Curt manteneva la sua copertura Teklon perché avrebbe ancora potuto sortire effetto sulle scolte sparse nei vari deck. In un crocevia secondario che partiva dal corridoio vi era un ambulacro adibito a deposito di materiale. Una vetrata schermata dagli ultra violetti mostrava una panoramica mozzafiato sulle bande equatoriali gioviane, così vicine da sembrare di poterle toccare. Ma Curt non aveva tempo per fare del turismo spaziale e proseguì furtivamente tra le ombre.

Finché trovò quello che cercava: la sala comunicazioni.

Bussò tre colpi sordi. Da uno spioncino spuntò il naso di un tecnico e una voce squillante chiese “parola d'ordine?”

“Eccola” fece Curt, e inserì la pistola protonica nella fessura, ficcando l’augello sin dentro alla narice del tecnico.

“Apri questa porta senza fare storie”.

In men che non si dica la porta fu aperta e Curt intimò alle persone preposte al controllo dell'impianto di uscire leste. Quelli obbedirono e una volta rimasto solo nella sala comunicazioni Curt sigillò la porta dall'interno saldandola a caldo con il raggio della sua pistola.

L'impianto teleaudio era attivo sul canale delle pattuglie Teklon in ricognizione e bastò ricostruire le coordinate della Mega Tir 6 dove, presumibilmente, il Comet stava ancora veleggiando in cerca dei resti del loro capitano.

“Comet rispondete, qui Curt. Mi ricevete?” ad un primo tentativo seguì un fruscio debolissimo.

“Simon, Otho, Grag mi ricevete?” manovrando i grossi pomelli sulla consolle principale, Captain Future iniziò a ricevere l'immagine indistinta di un grosso essere di forma umanoide ma di stazza superiore del normale.

“...ricevo...” il segnale disturbato si fece più preciso e la silhouette prese i colori e le fattezze di Grag.

“Grag! Sono io, Curt Newton!”

“Captain Future! Sei vivo?” Otho al colmo della gioia, si intromise nella telecomunicazione.

“Sì, mi trovo in una base in orbita sopra Giove a circa 4,7932 Unità Astronomiche dal punto di termine della Mega Tir 6”

“Curt, sono Joan, sono così felice di vederti vivo!” disse una voce argentina alle spalle del gigante Grag.

“Cos'hai in viso Captain?” chiese Otho, senza sapere nulla del travestimento Teklon.

Curt si spogliò del travestimento e ritornò alla sua pelle abbronzata, ai suoi capelli rossi e alla sua tuta verde splendente.

“Finalmente torno in me. Ma non c'è tempo ora, vi racconterò tutto dopo. Inserisco le coordinate della base: raggiungetemi in assetto di guerra e nel più breve tempo possibile. Metteremo a ferro e fuoco questo maledetto posto!”

La porta della sala comunicazioni iniziò a vibrare forte, come scossa da colpi disumani. Ma la saldatura estemporanea resse l'assalto. Captain Future era fiducioso che il Comet sarebbe arrivato in tempo per creare un diversivo e permettergli di fuggire.

“Questo sarà l'ultimo atto di Ul Quorn. Lo giuro su mio padre e su mia madre” stringendo i pugni, Curt pronunciò questo ammonimento come proposito a futura memoria.

Ma la porta stava per cedere e serviva una soluzione di fuga. Vi era un oblò che dava sullo spazio esterno; indossando un casco per le manovre extraveicolari, aprì la valvola di ossigeno e mise in bocca il boccaglio. Sparò una raffica di colpi dalla pistola protonica contro il vetro che esplose in mille frammenti.

Il risucchio d'aria scaraventò Captain Future all'esterno, fin sopra i moduli di copertura di Base Macchia Rossa e nel volo riuscì ad aggrapparsi ad un'antenna radar.

Il gruppo di sfondamento Teklon, una volta riuscito ad aprire il portello, si ritrovò nel vuoto e vennero tutti sparati a gran velocità nel nulla cosmico.

Captain Future restò così, aggrappato e senza corde ad una grossa antenna, sospesa sopra il gigantesco panorama gioviano in attesa che i Futuremen venissero a recuperarlo.

“Resisti Curt, tra pochi minuti arriva la cavalleria...” si disse tra sé e sé assordato dal suo stesso convulso ansimare.

Dall'interno dell'hangar decollarono squadriglie di caccia con il compito di fare fuoco contro il fuggitivo. Anche a costo di danneggiare irreparabilmente lo scafo di Base Macchia Rossa diceva l’ordine diramato da Ul Quorn.

Lo sciame calibrò la posizione di tiro su una zona in ombra, ma una stella splendente in rapido avvicinamento irretì l’attacco…

つづく

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