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La Francia e le storie tese


“Un presidente americano disse una volta che il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza.” [Robotech/Macross] È conosciuto ai più che il concetto di nazione è femmina. Invece non lo sono le nomenclature degli alti ruoli professionali (tipo giudice, chirurgo o direttore d’orchestra), ma sono quisquilie che stanno cambiando a suon di evidenze: diventa giudice la maggioranza delle donne, passa l’esame di stato per diventare chirurgo la maggioranza delle donne, la maggioranza degli iscritti agli studi classico musicali sono donne. In Francia è un po’ che questa cosa va avanti, che l'abbattimento del fallocentrismo è quasi un prodotto tipico, che l’essere “engagé” traduce nel miglior modo possibile il concetto di impegno senza che nessun termine inglese riesca ad eguaglarne l’efficacia. Un modello, un riferimento, una perfetta via di mezzo tra l’Europa del nord (quasi tutta mezza monarchica) e quella Mediterranea (quasi tutta ex dittatoriale). Poi però, tre giorni dopo dall’attentato del tizio col coltello all’Opéra di Parigi, in Rue de Faubourg Saint-Denis davanti ad uno dei tanti ottimi ristoranti con vetrata, c’è un piccolo hotel che quasi non lo si nota: un ragazzo ci trascina dentro una ragazza e la massacra di botte. Si forma un capannello all’interno dell’androne e una decina di persone accerchiano il ragazzo. Con grande sicumera cerca di giustificarsi mentre un uomo di incerta età tiene il polso della ragazza rassicurandola. Il tutto dura dieci minuti e nessuna pattuglia si è fatta vedere. Pensare che lì dietro, in tutto il Bld de Strasbourg, ci saranno centinaia di poliziotti in borghese mascherati da spaccini. D’un tratto, come usciti dal supermercato, la coppia esce dall’Hotel: mentre si allontana lungo la via, prima di girare l’angolo, la ragazza tira un destro in faccia al ragazzo. E lui restituisce. Poi scompaiono dalla vista. Dall’Ibis Hotel dove eravamo approdati il primo giorno mentre stiamo aspettando il nostro destino in forma di numero e di chiave, da un punto non identificato dell’edificio ci arriva addosso uno dei più grossi sputi mai visti, una quantità di saliva degna di un ruminante.

Intanto in centro, ci sono manifestazioni su manifestazioni, fuochi e fumogeni e polizia ovunque, atta a dimostrare al ricco parigino che il servizio di sicurezza c’è, esiste ed è tra voi. Roubaix invece è una cittadina industriale della grandezza di Arezzo, situata al nord della Francia, poco lontano da Dunkirk e in strada per il Belgio. Nel parcheggio de La Cave aux Poètes, il locale più famoso in tutto il circondario di Lille, lasciamo il furgone con pochi oggetti dentro: una tastiera Akai, un trolley con i vestiti di Beck (il tour manager dei Calibro 35), uno strumento vietnamita di nome Đàn bầu, un seggiolone Foppapedretti (ebbene sì) e altri oggetti che non nomino perché per fortuna sono rimasti illesi. Avevamo chiesto specificatamente se era un posto tranquillo. La ragazza del locale ci aveva assicurato che non succede mai niente lì. Fatto sta che dopo il concerto, probabilmente appena sloggiata la sicurezza, qualcuno ha rotto il finestrino e ha portato via le cose di cui sopra. In particolare sono dispiaciuto per il Đàn bầu (https://en.wikipedia.org/wiki/%C4%90%C3%A0n_b%E1%BA%A7u) che avevo preso ad Hanoi in Vietnam e che mi ha accompagnato per tantissimi concerti dei The Winstons. Assieme al promoter, offertosi per dirimere eventuali questioni di traduzione, andiamo a far denuncia alla più vicina Poste de Police. Arrivati il promoter citofona e risponde una voce metallica; lui spiega l’accaduto ma la risposta è “venite domani perché non c’è personale”. Quindi Roubaix, cittadina del circondariato di Lille di circa novantacinquemila abitanti, non ha polizia disponibile perché impegnata in giro a spaccare grugni. Vuol dire che c’è tantissima criminalità e che di rimando, come sottolinea Fabio, c’è grande povertà. Forse in Italia vivo nella luna e non me ne rendo conto, ma in questi ultimi cinque o sei anni non mai percepito un livello di tensione così incandescente. I disgraziati, il disagio, le periferie sciagurate, l’integrazione non integrata ci sono in Italia eccome, ma in Francia l’impressione è che tutto questo sia tutto al limite di un baratro. Ma non vivendo in Francia non mi è dato sapere se si tratta di un incremento o dello status quo. In fondo sono solo un turista musicale. Da oggi con uno strumento in meno per giudicare.

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