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SCRIVENDO DICO (l'ebete)

E se ci fosse il modo di rendere allotrope* un po’ di parole in più? Molto belle queste musiche, molto pensierose, nel senso di utili al "pensiero". Questo è un esempio. Un altro potrebbe essere: sei un tipo “menoso”, intendendo qualcuno facile alle percosse. Ma mi ricollego alla prima considerazione. C'è molto spazio e tanta aria, vorrei anche io a volte rallentare e creare dell'aria. Sia nelle cose che faccio che nei suoni. Ma sono un tipo compresso.

Non complesso. Ad ognuno la sua abiura. Oggi incrociando lo sguardo di uno dei matti di quartiere è venuto di chiedere “a cosa sta pensando”?. Era a sedere in una delle brutte sedie in metallo davanti ad un bar che fa angolo Piazza XXIV maggio (poco piazza e molto data).

Aveva i piedi giunti e le mani conserte mentre fumava una sigaretta alle labbra come fosse una cannuccia appiccicosa. Il matto sembrava stesse succhiando aria per emettere fumo, tenendo le labbra pronte ad un bacio; sembrava una macchina produttrice di affetto che nell’azione meccanica rilasciava emissioni gassose. Quelle emissioni sarebbero potute essere in precedenza delle emozioni, parole assonanti entrambe legate al movimento del "fuoriuscire", e il fuoriuscire a sua volta poteva sorprendere in bene e disturbare in male. Il matto del quartiere di punto in bianco lo si poteva vedere scattare all’in piedi e marciare come il soldatino di piombo di Perrault ed era celebre, in zona, per le sue decisioni repentine: d’improvviso si arrestava, in mezzo alla pista ciclabile, di fronte ad un tram in arrivo, nella fila di un tabacchino. Non era importante nè come e nè dove e nè tantomeno a che ora. “Cosa starà pensando adesso?” mi chiede mia moglie. Immagino che per come si comporta dovrà avere un eccessivo affastellamento di informazioni nella testa. Ma non devono poi essere così tante queste informazioni, e neanche particolarmente contraddittorie; questo genererebbe una cinetica motoria del tutto diversa.

Ci sono persone che hanno un macete, con cui riescono ad addentrarsi nell’intrico delle sinapsi altrui.

Io proprio non ce l'ho, però ho improvvisamente visto un pensiero con parole più grande di altre. “Pensa pensieri più grandi!” “Cosa intendi dire?” “Intendo che i suoi pensieri sono fatti di lettere enormi e non riesce a togliersele dalla testa”. C’è di mezzo la relazione con le dimensioni e col peso percettivo. Deve essere qualcosa del genere; esiste una vista degli occhi della mente. Noi pensiamo a lettere piccole che consentono di scrivere l’intero periodo dentro uno spazio relativamente piccolo e sono grandi pressappoco come quelle che in questo momento sto scrivendo, e voi leggendo. Invece la dimensione del pensiero del matto di quartiere, ed di altri amici suoi, corrisponde a quel manifestone della ATM che c’è là sopra al terzo piano di quel grande palazzo. Punto il dito, eccolo: lo vedi no?

Provo a visualizzare a chiare lettere il pensiero e ad inserire al suo interno quella “A” di 5x3 metri: “A cosA stA pensAndo?”.

Non mi è per nulla facile; richiede uno sforzo di concentrazione che mi obbliga a restar seduto e immobile.

Aggiungo anche la “T” di ATM delle stesse grosse dimensioni e lì addirittura mi faccio il regalo di chiudere gli occhi in cerca di un bel buio color lavagna. Il passaggio successivo è accendermi una sigaretta, succhiarla avidamente in attesa di un bacio.

*"allotropo" in linguistica può voler dire una parola che risale per vie differenti alla stessa forma originaria di un'altra parola (ad es. vizio e vezzo, minatore e minatoria).

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