To-kyo: il Grande Tanto.
Per strada ci sono uomini in servizio vestiti di tutto punto che controllano incroci, ingressi ai cantieri, accessi pedonali e sono spesso invisibili: stanno lì ore a piantonare "cose" con la dedizione di un corazziere della Repubblica. Oppure cartelli tautologici come "non mettere i piedi dentro ai water" inutile un po' come dire "non buttarsi sotto ad un treno perché potrebbe causare del dolore". Ieri c'era una campagna contro l'allevamento dei coniglietti e dall'altra parte del celebre incrocio di Shibuya un water bianco messo in mezzo, così, senza senso alcuno.
E all'aeroporto c'era un attrezzo per la ginnastica facciale che ti ficchi in bocca e funziona da pendolo per rinforzare gli zigomi. Per noi mangia pane sono cose assurde, o addirittura "pazzerelle". Io invece lo trovo specifico e affascinante sintomo di qualcosa che mi verrebbe da chiamare Il Grande Tanto, in cui il singolo individuo è sua molecola cosciente e l'articolo commerciale è diretta emanazione del sé. Anche dalle nostre parti siamo molecole commerciali, ma nella mentalità occidentale sentiamo il rifiuto di essere piccolissimi ingranaggi di qualcosa.
Il "welcome to the machine", non è una frase rassicurante per noialtri, mentre qui non è poi così malaccio. Per entrare in sintonia con la rutilante Tokyo si deve avere l'animo innocente, perché l'iperstimolazione visiva e auditiva ha qualcosa a che fare con la dimensione del gioco. Anzi del grande giocattolo. Se non si è pronti, si fa come quelli che pretendono di parlare inglese con i giapponesi (perché poi, visto che sono giapponesi?) e che si comportano con loro come l'adulto di fronte ad un bambino problematico.
A Tokyo, ma in Giappone in generale, il Grande Tanto, si manifesta come un immenso emporio curato nel dettaglio (mica come quei cialtroni cinesi!). Ogni singolo buco di ristorante è ottimo, ogni elettrodomestico non si rompe, ogni casa è pulita, ogni chewing-gum è incartato nel singolo pacchetto. Il Giappone è un popolo di dignità sociale elevatissima in cui spiccano eccellenze che sono emanazione diretta di un percorso organico all'istituzione (e non di ribellione al sistema, come è tipico da noi). Hayao Miyazaki, Akira Kurosawa, Katsuhiro Otomo, Leiji Matsumoto, Aida Makoto, artisti visivi, registi e mangaka che hanno fatto l'iter dei concorsi, delle selezioni passando attraverso la cruna d'ago meritocratica nazionale. Poco importa se poi le loro opere sono strane, inquietanti, dispendiose, utopiche, visionarie, sanguinarie o politicamente scorrette. Se tutto ciò aiuta il Giappone ad essere Grande Tanto è tutto lecito.
Anche se deve essere una vita piena di sacrifici inenarrabili, io un po' li invidio.
Questo di Tokyo è l'ultimo concerto dell'estremo sud/est del mondo di PJ Harvey prima di tornare a casa. Dopo un serpentone di +8h, +9h30m, +10h,+12h e +10h nell'emisfero che ci è caro, non ci sto capendo più niente. In Koenji, l'artistic quarter, se così si può dire, Yoshiko Progena K (una gentile promoter progster legata ad AMS records) ha organizzato un "talk show" in un posto chiamato The Grain. Proprio così: suonava prima un gruppo di ventunenni psichedelici di nome Yenkark (all'attivo due concerti e band assemblata su internet).
Erano bravi e timidissimi e senza alcuna minima esperienza di palco.
In "platea" (una stanza grande quanto un bagno) circa 8 persone incluso me. Tra questi c'erano giornalisti musicali convocati da Yoshiko san. Il talk show è constato di domande (fatte da un simpatico mr. Saito in giapponese e tradotte da Yoshiko san in inglese) su tutte cose che andavano dalla 19'40'', ai The Winstons, ai Calibro 35, agli Afterhours, putiù, pitipì e patipà.
Proiettavano un video per ciascun argomento: incluso l'Orchestrina di Molto Agevole che esegue "Vademecum Tango" di Franco Nebbia all'Arci Bellezza di Milano per il Capodanno 2015, i Mariposa vestiti da donna (un elegante colpo d'occhio che molto hanno apprezzato i giapponesi in sala) che eseguono "Can i Have Bon Bon?", gli Esecutori di Metallo su Carta che eseguono "Morkobot–Orkotomb", Sebatiano De Gennaro che esegue "All My Robots" (su "Ultrataro" sono andati giù di testa!), il live a Roma Europa Festival di "Pictures at an Exhibitions" con Andrew Quinn e molta altra roba che ora non ricordo. Il tutto sarà durato, sì e no, un'ora e mezza in un placido clima quasi da anziani al dopolavoro ferroviario delle Japan Rail (se ne avessero uno), o appena usciti dall'ufficio del catasto della Bolognina, con cravatte e giacche "abbastanza" giuste.
Ma non giustissime.