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Quantas fortuna ci ho avuto a pigliare l'aereo per Sydney.


Sfiorato di tanto così: erano già tutti a bordo sul Quantas 444 per Sydney quando mi sono svegliato nella lounge sul divano che non c'era più nessuno.

Ho realizzato dopo almeno tre minuti che il volo era chiuso.

Forse hanno chiamato anche il mio nome, ma non l'ho proprio sentito.

Ho fatto una corsa al gate 8 (chi se lo scorda più?).

Un'inserviente stava raccogliendo i pezzi di ricevuta del biglietto e la porta automatica all'accesso del finger per l'aereo era chiusa.

Non so più cosa fare, la tour manager mi chiamava insistentemente ma il mio telefono non prendeva bene.

Lui mi guarda e mi fa: "dov'eri?"

Io non rispondo. Cosa gli dicevo "dormivo?".

Prende il mio biglietto, lo scruta mezzo minuto.

Fa spallucce.

Poi va all'infrarosso e passa il codice a barre.

Ricordo che la luce della porta è diventata verde con un "clack" e mi dice:

"Prego", con una voce cupa.

La hostess stava chiudendo il portello e come certe scene di certi film che si giocano sul filo del rasoio, mi fiondo nella fessura.

Lei guarda il biglietto e mi fa:

"Chi l'ha fatta entrare?"

Io rispondo, senza pensarci, come la reminiscenza di un scusa infantile:

"Nessuno".

Lei confida che qualcuno mi ha fatto entrare e che sicuramente è tutto in regola.

"Prego", mi dice.

Vedo le facce delle persone già sedute e con le cinture allacciate: diventano subito spettatori di un'azione teatrale e tu ti vedi lì a dare il peggio di te, perchè ti hanno aspettato tutti e hanno detto il tuo nome dall'interfono.

"Vediamo questo famoso stronzo che non arriva".

In questi casi c'è chi pensa che il ritardo significa perdita di una coincidenza, chi pensa che "a me non mi è mai successo" e chi, per fortuna, non pensa a niente.

Mi sono seduto scansando un'altra hostess con le braccia allargate mentre sta illustrando le famigerate uscite di sicurezza.

"Prego", mi fa, anche lei.

Dopo che mi sono addormentato ho realizzato il casino che sarebbe stato se non avessi preso quell'aereo.

Ora che l'ho scritto mi sono liberato da questo pensiero tremendo.

Saviano mi turba e così la stampa italiana.

Non trovo intelligente pubblicare sondaggi del tipo "un italiano su otto vuole l'uomo forte al comando" oppure "Trump è una cosa nuova" rispetto al vecchio concetto di manifestazione anni '70.

Sì può darsi: ma alimentare la vaga sensazione che ci possa essere del buono dietro di quell'orrore di elezione è sbagliato.

Punto e basta.

Centinaia di paesi in tutto il mondo hanno visto, il 21 gennaio, migliaia di persone coalizzate verso un ideale non politico ma etico.

Ieri qui a Sydney c'erano circa tre mila persone con cartelli, cappelli e bambini al seguito.

Magari il tutto è stato un po' festaiolo o un po' pop, ma di sicuro un'esperienza felice e pulita.

Due tra le più grandi "sottovalutazioni" della storia anglosassone recente (Brexit e Trump) vanno perfettamente in risonanza con il tour di "The Hope Six Demolition Project", dove è una donna a capo di una democrazia che canta di responsabilità, di comunità e di miseria lasciata alle spalle dal solco della retorica bellica americana.

Proprio ora sembra tutto tornare indietro, ai tempi non di Bush padre e figlio, ma di Nixon, con un bel pizzico di godereccia volgarità di marca neo liberista di cui il puttaniere Berluschino è stato felice promulgatore.

È come avere un vero supervillain della Marvel a capo del mondo; ma non è finto.

Malgrado il progresso tecnologico pret-a-porter e le previsioni di Elon Mask nel raggiungere Marte entro il 2026, ora ci aspetta un periodo di regressione dei valori macroscopica.

Spero che l'Italia (che ha già dato il peggio di se negli ultimi 25 anni), ne abbia almeno lei avuto abbastanza.

E basta con i discorsi "vedi, quelli che l'han votato saranno soddisfatti" per via di questa falsa risolutezza dei primi giorni; anche costoro saranno disperati alla fine.

Non c'è NULLA di buono in questo qua: è tutto un indegno errore.

Sarà significativo tornare a suonare in USA in aprile, quando i primi danni saranno evidenti a tutti.

La politica dis-attiva.

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